Da circa sette anni la Siria è stretta nella morsa di una feroce guerra civile che si è progressivamente trasformata in una vera e propria guerra internazionale. Gli ultimi drammatici atti di questo interminabile conflitto – che sinora ha provocato centinaia di migliaia di vittime e un esodo di proporzioni colossali della popolazione civile soprattutto verso la Turchia e l’Europa – sono stati il bombardamento con armi chimiche della cittadina di Douma, a est di Damasco, attribuito al regime di Bashar al-Assad (7 aprile 2018), e in risposta ad esso un pesante attacco missilistico di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia ai danni di alcuni centri nevralgici dell’arsenale governativo siriano (14 aprile 2018).
La crisi che affligge la Siria è estremamente complessa. Il coinvolgimento di svariati attori quali gli Stati Uniti, la Russia, la Turchia, l’Iran, Hezbollah, i curdi, al Qaeda – per citare solo i principali – e la sua parziale sovrapposizione con la vicenda dell’ascesa e poi del declino dello «Stato Islamico» (Isis) l’hanno resa e la rendono tuttora suscettibile di sviluppi del tutto imprevedibili. Per comprenderne le dinamiche, la posta in gioco e le prospettive future è necessario risalire alle sue origini, che vanno collocate nella breve stagione della cosiddetta «primavera araba», tra il 2010 e il 2011. È da allora, infatti, che in un crescendo di violenza e disordine la Siria è precipitata nel caos di un conflitto di cui non si riesce ancora a intravedere la fine.