Negli ultimi mesi le tradizionali tensioni tra Usa e Corea del Nord sono andate crescendo in modo esponenziale. A surriscaldarle è stata la politica nucleare caparbiamente perseguita dal regime del giovane ed enigmatico dittatore Kim Jong-un, il quale – secondo molti osservatori – sarebbe ormai sul punto di dotare il paese di armi atomiche e di vettori in grado di colpire non soltanto la Corea del Sud e il Giappone ma anche gli stessi Stati Uniti.
A questo scenario da incubo – reso concreto tra il marzo e l’aprile 2017 dalla presunta imminenza di un nuovo test nucleare nordcoreano e da ripetuti lanci sperimentali di missili balistici – il presidente Usa Donald Trump ha reagito con un’energia senza precedenti: minacciando azioni militari anche unilaterali nei confronti di Pyongyang, attivando il proprio sistema antimissilistico in Corea del Sud, schierando navi da guerra al largo delle sue coste e mostrando al mondo intero, sia pure in altri teatri di guerra, la sua piena disponibilità a un impiego massiccio della forza, prima con il bombardamento della base militare siriana di Shayrat (8 aprile) e poi con lo sgancio di Moab, la «madre di tutte le bombe», su una base Isis in Afghanistan (13 aprile).
Di fronte a queste reazioni da parte americana il regime di Pyongyang ha reagito a sua volta. Non ha soltanto continuato a eseguire test balistici, ma ha anche dichiarato di essere pronto a rispondere alle minacce degli Stati Uniti con un attacco nucleare, affermando – per bocca dell’ambasciatore nordcoreano presso le Nazioni Unite – che «una guerra nucleare potrebbe scoppiare da un momento all’altro» (18 aprile).
La comunità internazionale è fortemente allarmata da questa escalation di minacce ed esibizioni di forza, che chiama in causa – oltre agli Usa e alle due Coree – il Giappone, la Russia e soprattutto la Cina, la quale rappresenta sin dagli anni Cinquanta del Novecento, anche se in modo sempre più riluttante, il principale alleato della Corea del Nord. Essa costituisce, come è stato detto, «la più grande emergenza nucleare dal tempo della crisi dei missili a Cuba». Un’emergenza, aggiungiamo, che oggi come allora potrebbe rientrare attraverso robusti strumenti diplomatici. Ma che potrebbe anche innescare un nuovo e incontrollabile processo di proliferazione degli armamenti nucleari e sfociare persino – come alcuni ritengono – in un conflitto di vaste proporzioni: in una «guerra di Corea 2.0» o addirittura in una vera e propria «terza guerra mondiale»…