Ormai da diversi mesi Hong Kong è teatro di una serie pressoché ininterrotta di grandi e violente manifestazioni di piazza represse sempre più duramente dalle autorità locali. Innescate da un contestatissimo disegno di legge sull’estradizione proposto dal governo regionale, le proteste hanno avuto inizio il 15 marzo 2019. Sono andate radicalizzandosi e crescendo di intensità a partire da giugno, degenerando in cruenti scontri non soltanto tra la polizia e i manifestanti ma anche tra questi e i loro oppositori. E continuano ancora oggi in un clima di assoluta incertezza, su cui pesa la prospettiva di un intervento militare diretto della Repubblica popolare cinese.
La «rivolta» di Hong Kong – come viene spesso definita – affonda almeno in parte le sue radici nel diffuso disagio sociale che affligge una popolazione di oltre sette milioni di persone divisa da enormi diseguaglianze. Il «Porto profumato» (questo il significato di «Hong Kong») è in effetti una della più importanti piazze finanziarie e commerciali del mondo. Al suo interno, però, accanto a una piccola cerchia di ultramilionari, vive un’ampia classe media impoverita e oltre un milione di «poveri assoluti»: una situazione altamente infiammabile, che si è ulteriormente aggravata con il recente rallentamento dell’economia cinese.
Le ragioni della protesta, tuttavia, sono in primo luogo politiche. Esse discendono dal complesso rapporto che Hong Kong intrattiene con la Repubblica popolare cinese, di cui fa formalmente parte sin dal 1997 con lo statuto di «Regione amministrativa speciale»: uno statuto temporaneo che dovrebbe rimanere in vigore fino al 2047, quando il piccolo territorio del Porto profumato cadrà sotto la piena sovranità del colosso asiatico. È contro questa prospettiva di integrazione nel più potente regime autoritario del mondo – e contro le crescenti pressioni che esso esercita da tempo su Hong Kong – che i manifestanti si battono, chiedendo maggiore libertà e democrazia e da ultimo, tra le frange più radicali, la piena indipendenza da Pechino. Si tratta di una lotta disperata, probabilmente senza alcuna possibilità di successo.
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